Villa Pennisi in Musica

Maria Pone – architect&maker

A me piace la musica.

Sarà banale, a chi è che non piace la musica? Comunque a me piace tanto.
Mi piacciono i Led Zeppelin, mi vengono i brividi quando ascolto Creuza De Ma, mi fa impazzire Vivaldi, vorrei poterlo cantare.
Peccato che non so suonare il violino né la chitarra, non sono particolarmente brava a cantare e di certo non so usare un mixer.

Però io ci sono stata anche l’anno scorso a Villa Pennisi.

E quando, la sera del concerto di inaugurazione,  il maestro Campanella, David e Diego hanno suonato le prime note, mentre la luna e i fari scientificamente sistemati da Filippo facevano particolari giochi di ombre sulla facciata della Villa, proprio quando a tutto il pubblico cominciava a venire la pelle d’oca, in quel momento è stato un pò come suonare con loro. Vibravano le corde del violino, del violoncello, del pianoforte e della prima piccola ReS. Si, anche io ho suonato il Trio op. 50 in la minore di Tchaikowsky!
E dato che (non so se l’ho già detto) a me piace tanto la musica, io quel momento ce l’ho stampato nella memoria.

E quindi anche quest’anno, il primo agosto, invece di starmene con le…mani nell’acqua, sono tornata in questo meraviglioso giardino ed è stato come se non me ne fossi mai andata via.

Le granite di Fabio, Kumar e la sua famiglia con il loro sorriso, il riposino dopo pranzo sull’erba, suoni di strumenti musicali che non sai ben dire da dove arrivino, ma soprattutto un concerto l’8 agosto, giorno entro il quale ReS non solo deve essere di nuovo in piedi, ma deve suonare meglio perchè se Tchaikowsky era stato molto comprensivo l’anno scorso, capendo che un esperimento è un esperimento e non può essere perfetto al primo colpo, quest’anno Schumann e Brahms sarebbero stati molto più esigenti.

Bisogna cominciare con un’altra musica: la musica di un seghetto alternativo, di un avvitatore che se non lo sai usare bene fa lo stesso suono di una mitraglietta impazzita, delle urla per comunicare al di sopra del frastuono generale, dei tanti (perché quest’anno erano tanti) piacere Marco, Carlo, Giulia, Andrea, Marta, eccetera eccetera, che all’inizio ti fanno girare la testa ma che subito ti riempiono il cuore: è una squadra, e lo capisci perché loro c’hanno negli occhi il tuo stesso fuoco (e non si fanno scrupoli a strapparti le chiavi inglesi o la sega dalle mani perché tutti sono stanchi ma tutti vogliono imparare come si fa,) ma anche un po’ di preoccupazione, perché l’8 c’è un concerto e se non abbiamo finito l’8 è un problema di tutti.

E poi c’è il suono di parole che nelle ore di troppo caldo – quando anche appoggiare un ginocchio per terra provocherebbe come minimo un’ustione di 2° grado – tentano in tutti i modi di stravolgere le nostre prospettive.

“Qui, oggi” dicono le parole “vogliamo dei makers”. Makers? What’s that?

E allora, ognuno con i suoi strumenti, il professore, Davide, Andrea, Daniele, Serafino, Filippo, David cercano di spiegarcelo. Non è fantascienza, io posso capire come funziona il suono e posso addirittura provare a gestirlo! Posso conoscere le differenze tra un Led e una dicroica senza chiamare l’elettricista! Posso pensare ad un’architettura che, volendo, sarei capace di costruire con le mie mani, posso stamparmi da sola il caschetto dei Cavalieri dello Zodiaco! Pazzesco.

Non è che adesso so fare tutte queste cose, non sono un maker, di sicuro mi serve ancora aiuto, ma ho cominciato a smettere di pensare che questo sia impossibile.

E lo sperimento con le mie mani tutte le mattine, anche quando la sera prima, con tutta la squadra, abbiamo mangiato pesce per strada e bevuto un vinello bianco assassino fino a tardi, dopotutto la Sicilia è la Sicilia.

Faccio con le mie mani delle cose che ho capito studiando sui libri, tutti sentiamo l’odore dell’acciaio temperato dal flex e della vernice ad acqua, tutti sentiamo sulle nostre spalle che cosa vuol dire 40 kg al metro quadro, perchè questa deve essere la densità dei pannelli, altrimenti il suono non viene riflesso.

Alla fine, con sudore e fatica, lei è in piedi, bella e luminosa.

Il dodecaedro di Serafino dice che è migliorata. Io penso a Schumann e a Brahms, spero che gli vada bene.

Ognuno deve saper fare quello che gli piace.
A me piace la musica, la faccio così.

photo by Daniele Lancia

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